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Nel corso degli ultimi anni diverse molecole sono state utilizzate come componenti degli integratori coadiuvanti per il calo ponderale grazie alla loro capacità di modulare l'appetito, di aumentare la massa muscolare e di attivare il metabolismo lipidico. Una delle prime è stata l'efedrina, precursore della metamfetamina ed alcaloide tipico delle piante del genere Ephedra e della Sida cordifolia; è stata utilizzata come stimolante fino al 2004, poi vietata a causa degli effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale e cardiovascolare [1]. In seguito sono stati utilizzati stimolanti naturali presenti negli estratti di piante come l'arancio amaro (Citrus aurantium varietas amara);tali amine adrenergiche, sinefrina ed octopamina, sono ammesse alla composizione degli integratori alimentari, ma con dei limiti ben definiti per le dosi massime giornaliere [2]. La loro tossicità cardiovascolare deriva infatti dalla loro somiglianza strutturale all'efedrina. Nel 2011 è divenuta popolare un'altra molecola con struttura amfetamino- simile: la DMAA (dimetilamilamina), presentata come un naturale componente dell'olio essenziale del Pelargonium graveolens.[3] In realtà è stato dimostrato che la DMAA è un prodotto di sintesi e la sua presenza nella composizione degli integratori alimentari è quindi considerata illecita [4]. Questa tesi tratta le sostanze metabolicamente attive sopracitate, i loro effetti collaterali e le controversie riguardo la liceità del loro utilizzo nei preparati di libera vendita. Si sottolinea inoltre l'importanza del ruolo del farmacista come guida del cliente verso un utilizzo corretto dei prodotti a base vegetale.
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