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L'operatività in spread prevede la contemporanea apertura di una posizione lunga e di una posizione corta su titoli correlati al fine di limitare l'esposizione alle oscillazioni del mercato. Il lavoro si prefigge due scopi. In primo luogo rivisita e riorganizza la teoria al fine di fornire un quadro organico e lineare arricchito di riferimenti al mercato italiano, europeo e statunitense. In secondo luogo, ha l'obiettivo di vagliare la reale efficacia di tale tecnica. Muovendo i primi passi dal contesto istituzionale in cui nasce lo spread trading, si ripercorrono le sue evoluzioni e si mettono in luce i punti di forza e le debolezze. Vengono inoltre esaminati possibili parametri ideali di composizione della coppia di titoli valutando criteri di neutralità, inerenti, ad esempio, alla liquidità, alla capitalizzazione dell'impresa e al beta. Successivamente si propone un approccio che ha lo scopo di integrare analisi tecnica e analisi macroeconomica. Dopo aver definito un modello di rotazione settoriale intermarket per cui a seconda della fase del ciclo economico in cui ci si trova, determinati settori hanno performance relative migliori, si propone una strategia che ha lo scopo di integrare analisi tecnica e analisi macroeconomica. In quest'ottica i segnali long o short sullo spread generati dagli indicatori tradizionali, quali medie mobili e bande di Bollinger, sono filtrati attraverso l'utilizzo di indicatori anticipatori macroeconomici. Lo studio finale si concentra in particolare sui nove macrosettori fra i quali vengono suddivise le imprese appartenenti all'indice S&P 500. L'arco temporale dei back test svolti ricopre il periodo 2006-2013, il quale, considerate le turbolenze che hanno colpito i mercati finanziari, è un banco di prova importante per determinare se l'utilizzo dello spread trading comporti un'effettiva diminuzione del rischio rispetto a forme di trading direzionali.
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