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Questa è una breve trattazione sull'evoluzione che ha caratterizzato il sistema elettorale italiano dal suo avvento, durante il Regno di Sardegna, fino alla prima epocale rivoluzione che lo ha investito, al termine del primo conflitto mondiale. Il dipanarsi di un sistema elettorale è sempre necessariamente legato al percorso intrapreso dalle istituzioni politiche e civili della società in cui esso verrà messo in atto, perciò queste devono contestualmente venire in esame. La storia della penisola italiana, così come la storia dell'affermazione del diritto di voto, sono complesse, articolate, plurisecolari. Si aprirebbe così un terreno di analisi estesissimo, che nel presente lavoro non è possibile affrontare. L'analisi prende quindi le mosse da un primo evento epocale: la concessione dello Statuto albertino, accadimento che, da quel momento in poi, conferì al Regno di Sardegna un ruolo di prim'ordine nella realizzazione dell'auspicata unità nazionale. Per quasi sessant'anni il Regno di Sardegna e poi il Regno d'Italia svolsero le loro elezioni con il sistema del collegio uninominale maggioritario, salvo il breve intervallo decennale della riforma del 1882, in cui si fece prova di un sistema plurinominale, pure maggioritario. Anche per ciò che concerne il corpo elettorale non si ebbero cambiamenti di nota per lungo tempo: dal 1848 fino alla riforma del 1882 si ebbe un suffragio molto limitato a base prevalentemente censitaria, che venne allargato gradualmente fino a raggiungere il suffragio universale per i cittadini maschi di oltre 30 anni. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale si ebbe un'ulteriore estensione del voto a tutti i cittadini maggiori di 21 anni o che avessero prestato servizio militare, concludendo così un processo lungo e in fondo mai compiutamente attuato – subentrò infatti la frattura evolutiva fascista a rimetterlo in discussione e a vanificarlo proprio quando, all'indomani della Grande Guerra, sembrava sul punto di affermarsi definitivamente. Sette furono le elezioni nel Regno di Sardegna tra il 1848 e il 1860, sette quelle nel Regno d'Italia nel decennio successivo e, dopo la parentesi plurinominale, il collegio uninominale era destinato a durare altri 25 anni e, coincidenza curiosa, avrebbe visto altre sette elezioni. Poi l'involuzione antidemocratica fascista portò ad un'alterazione della rappresentanza, e perciò del sistema elettorale. Nel complesso, le indagini sul corpo elettorale devono tenere presente le molteplici caratteristiche delle diverse regioni ed aree del paese, dell'economia, della scuola, dell'articolazione sociale. Inoltre, le dinamiche interne alle Camere, la loro composizione sociale, i legami clientelari facenti capo ai loro membri più autorevoli ed influenti, i costanti processi di ricambio tra alta borghesia e classe dirigente a livello parlamentare e di governo, e la stessa storia dei vari collegi elettorali sono tutti elementi che influiscono sul ruolo delle istituzioni come “cinghia di trasmissione” tra potere politico e società civile. Proprio l'avvicendarsi delle riforme elettorali degli ultimi decenni ha mostrato la preoccupante superficialità della classe politica nel mettere mano ad un congegno delicato ed eminentemente storico come è il sistema di raccolta del consenso politico per tradurlo in istituzioni legittimanti. È quindi interessante e utile conoscere le vicende di storia legislativa recente assieme a quelle meno recenti, che l'hanno preceduta.
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