La costruzione binaria del genere e la negazione della sessualità in tutte le sue forme aumentano l'idea di un'istituzione basata sul machismo e sull'ipermascolinità. Ciò rende difficile, nonché piena di discriminazioni, l'esperienza detentiva della comunità LGBT. Il diritto disciplina, esplicitamente ed implicitamente, l'identità di genere e la sfera sessuale dei reclusi attraverso la classificazione e l'isolamento. In particolare, la comunità LGBT è vittima di una doppia discriminazione perché la loro identità, non rientrando all'interno del paradigma eteronormativo, non solo non viene riconosciuta ma viene anche “ghettizzata” all'interno delle “sezioni protette” ex art. 32, comma 3, D.P.R. 230/2000. Per ciò che concerne la sfera affettiva e sessuale, l'ordinamento penitenziario sottolinea più volte l'importanza del mantenimento dei rapporti con la famiglia che risiede all'esterno dell'istituto quale elemento positivo del percorso trattamentale. Nonostante si possa pensare che l'ordinamento sia favorevole all'attuazione della dimensione affettiva, de facto i detenuti possono amare soltanto platonicamente e sono condannati all'astinenza forzata per tutta la durata della loro esperienza detentiva.