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I pazienti con "doppia diagnosi" sono soggetti che manifestano la compresenza di due differenti disturbi: il primo si riferisce all'agire da tossicodipendente, il secondo denuncia un disturbo psichico grave. Per quanto riguarda il primo problema, l'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la tossicodipendenza "uno stato psichico e talvolta fisico, risultante dall'interazione tra un organismo vivente e una droga, caratterizzato da risposte comportamentali tra le quali rientra sempre una coazione ad assumere la droga su base continuata o terapeutica al fine di esperirne gli effetti psichici e talvolta evitare il disagio della sua assenza. Può o può non esservi tolleranza. Una persona può essere dipendente da più di una droga". Tale definizione esclude dalla dipendenza l'assunzione di farmaci psicoattivi purché ciò avvenga in un arco di tempo limitato e non si prolunghi una volta terminato il percorso di cura. Inoltre un'altro corollario è dato dal fatto che il consumo sociale della sostanza a scopi edonistici, quando assunta compiendo una scelta senza provare pressione o coazione, può essere dannoso ma non indica una tossicodipendenza. Resta pur sempre di difficile definizione clinica tale disturbo in quanto esso dipende dalla farmacologia della droga, dalla personalità e situazione di vita del soggetto, nonché dalla cultura della società. Descrivendo e generalizzando il secondo tipo di problema presente in un paziente con "doppia diagnosi", Bonetti e Bortino (2014) utilizzano il termine "follia", che vuole includere l'insieme delle anomalie psichiche presenti in un soggetto affetto da un grave disturbo psichico. Adoperando tale termine, che indica la condizione di persone nelle quali la capacità di formulare un pensiero razionale è seriamente compromessa, si sfugge all'etichettatura nosografia psichiatrica invitando a una maggior attenzione verso la peculiarità e l' unicità 3 del singolo caso clinico. Infatti come ricorda Zapparoli (2002), l'individuo folle sta vivendo un'esperienza umana perciò non costituisce, con le sue manifestazioni comportamentali, una mera entità nosografica. Ciò che è evidente, è certamente una difficoltà nel funzionamento delle sue funzioni cognitive attribuibile a un deficit legato allo sviluppo, a un conflitto intrapsichico incontrollabile o a condizionamenti ambientali. Vi deve dunque essere un serio impegno, da parte del curante, a considerare la particolare esperienza di vita del soggetto, il modo di pensare che ne è derivato, l'organizzazione del pensiero e le modalità di difesa del suo Io. I problemi del folle e dell'individuo dipendente e tossicodipendente possono sovrapporsi e in tal caso la nosografia cataloga il soggetto con il termine "doppia diagnosi" evidenziando una possibile complessa e concausale relazionalità tra i due fenomeni. Tali problemi vanno ricercati nelle paure della persona, nelle sue emozioni non gestite correttamente e nel riconoscimento dei suoi bisogni specifici e dei rispettivi "oggetti". Questo procedimento consente di mettere in atto programmi terapeutici diversificati, personalizzati ed integrati, evitando la dicotomia tra gli operatori e realizzando così il lavoro d'equipe. Follia o psicosi, volendo utilizzare un termine maggiormente clinico, più specifico e meno emotivo, e tossicodipendenza sono infatti due modalità diverse del funzionamento cognitivo umano di negare la presenza di bisogni, manifestazione di paura e terrore di fronte al provare le emozioni connesse. Obiettivo dei curanti è dunque aiutare l'individuo a trovare modalità meno distruttive, per superare un conflitto dato da un bisogno non accettato o addirittura non riconosciuto, adatte al soddisfacimento di un desiderio personale. 4
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