Nella sequente lavoro di tesi mi sono occupata del disturbo aprassico, un disturbo neuropsicologico in cui i pazienti hanno difficoltà a svolgere un'azione volontaria diretta ad uno scopo. La causa più comune di questo disturbo è un danno cerebrovascolare, come l'ictus.
Il primo studioso autorevole del disturbo aprassico fu Hugo Karl Liepmann nel 1900, che distinse due principali tipi di aprassia: l'aprassia ideomotoria e l'aprassia ideativa. Liepmann individuò la lesione per l'aprassia nel lobo parietale sinistro. Tuttavia altri autori osservarono che anche il lobo parietale destro può essere implicato nel deficit.
In seguito vennero sviluppati diversi modelli per spiegare questo disturbo.
L'aprassia viene spesso analizzata in contesti laboratoriali, tuttavia studi come quelli di Tessari hanno dimostrato che il paziente aprassico presenta dei problemi anche nella vita di tutti i giorni e in ambienti quotidiani.
L'aprassia viene classificata in base al livello di elaborazione, ai sistemi effettori e al tipo di azione.
I principali test utilizzati per la diagnosi aprassica si basano sui comandi vocali o sull'imitazione di gesti transitivi o intransitivi. Inoltre, spesso viene richiesto al paziente di riprodurre il movimento su un manichino oppure di svolgere azioni più complesse, come accendere una candela o preparare il caffè. Emergono diversi errori durante la produzione di questi test: i principali sono nell'imitazione, nella pantomima e nella manipolazione degli oggetti.
Tra quelli riguardanti la conoscenza funzionale degli oggetti, troviamo errori di perplessità, quando il paziente non sa che cosa fare dell'oggetto; di omissione, quando il paziente trascura o dimentica un passaggio nella sequenza; di uso erroneo, quando il paziente svolge un'azione inidonea all'utilizzo dello strumento o quando usa l'oggetto come se fosse un altro.
Successivamente ho elencato i principali tipi di aprassia, quali l'aprassia ideomotoria, l'aprassia ideativa, l'aprassia costruttiva, l'aprassia concettuale, l'aprassia bucco-facciale e l'aprassia acrocinetica.
Infine, mi sono focalizzata sull'esperienza del fenomeno aprassico dei pazienti, presentando il lavoro di Arntzen ed Elstad, i quali, partendo dal concetto di fenomeno di Merleau-Ponty, riflettono su come i pazienti vivano il disturbo, sulla loro perdita del senso di essere agenti delle proprie azioni e sulla riduzione del controllo volontario dei movimenti.