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Vilfredo Pareto (Parigi 1848-Céligny 1923) può essere considerato uno degli ispiratori della moderna "economia del benessere". Dopo una lunga esperienza come ingegnere e dirigente industriale, si dedicò all'economia politica, pur interessandosi anche ad altri ambiti, come la sociologia, di cui riuscì ad ottenere importanti risultati. Fu docente di economia politica all'Università di Losanna, la stessa cattedra che era stata dell'economista francese Leon Walras. La sua opera è legata all'uso del concetto di utilità ordinale in economia, che rifiutava la possibilità di misurazione della stessa, al contrario del paradigma cardinalista fino a quel momento comunemente accettato, che aveva avuto tra i suoi sostenitori Bentham e la scuola marginalista. Questa teoria riteneva l'utilità come una grandezza soggettiva (legata alle preferenze dell'individuo) e misurabile, e quindi ammetteva la possibilità di ricorrere a confronti interpersonali di utilità: la somma delle utilità degli individui presenti in un sistema economico avrebbe permesso di quantificare il benessere collettivo. Queste furono le basi teoriche di quella che sarebbe stata definita "vecchia" economia del benessere. La concezione ordinale dell'utilità proposta dal Pareto presupponeva l'impossibilità di ricorrere ai confronti interpersonali di utilità, poiché essa non è una grandezza misurabile. Nella sua opera Corso di economia politica riprese il modello di equilibrio economico generale proposto da Walras. Egli propose di utilizzare il nuovo termine di ofelimità per indicare l'accezione soggettiva (cioè troppo legata alle preferenze dell'individuo) cui si erano rivolti fino ad allora i marginalisti, ed utilizzare la parola "utilità" solamente in senso oggettivo. Nella sua opera successiva, il Manuale di economia politica, egli evitò il problema della misurazione dell'utilità utilizzando le curve di indifferenza per definire le diverse allocazioni di beni verso cui, giacendo su una stessa curva, il consumatore sarebbe stato indifferente poiché gli avrebbero fornito la stessa soddisfazione, ed ad ognuna di queste curve sarebbe stato assegnato un indice di ofelimità. Costui non avrebbe calcolato di quanto avrebbe aumentato la sua utilità, bastava esprimere preferenza per una certa allocazione. Queste teorie avrebbero portato alla nascita della "nuova" economia del benessere. L'autore formulò così il concetto di "ottimo": una situazione è efficiente quando non è possibile arrivare ad una configurazione alternativa dove almeno un soggetto stia meglio e nessuno stia peggio. Questa situazione sarebbe stata chiamata "Pareto-efficienza". Esistono infiniti punti di ottimo che però non sono confrontabili tra loro, partendo da una data allocazione delle risorse produttive si giunge ad una determinata distribuzione del reddito, che talvolta può non essere bilanciata, ma è allo stesso modo un punto di ottimo. Secondo l'autore, gli uomini possedevano redditi diversi poiché possedevano capacità diverse tra loro, e in base a queste sarebbero riusciti ad ottenere un certo livello di reddito. Il ceto più dotato, definito élite, sarebbe stato in grado di sostituirsi ai vecchi dirigenti e prendere il potere. Oggetto dello studio dell'economia erano le azioni logiche, adeguate al fine che si voleva raggiungere. L'autore volle inoltre dimostrare che il mercato di concorrenza perfetta avrebbe permesso di raggiungere la Pareto-efficienza, poiché permetteva di massimizzare il benessere collettivo.
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