Il primo capitolo di questo lavoro ripercorre brevemente le concezioni convenzionali del tempo occidentale (circolare e lineare) e il loro intrecciarsi come “tempo normale” nella società borghese, mostrando come rimangano in ogni caso legate ad una rappresentazione del tempo quale “continuum quantificato e infinito di istanti puntuali in fuga”. A tale rappresentazione Benjamin contrappone quella di un tempo concentrico, concentrato in ogni istante, cui è restituita la profondità di un’es-tensione ambigua tra il momento presente e un determinato passato. La “vera immagine del passato” non è infatti eterna reliquia, sempre disponibile nei musei della Storia allestiti dallo storicismo, ma guizzo che sfugge, baleno che illumina il presente di chi la coglie; è immagine dialettica che salta dal passato nel presente spezzando la catena della narrazione dominante (il continuum degli oppressori).
Il secondo capitolo confronta due letture allegoriche del reale, quella gnostica e quella surrealista, prendendo le mosse dal legame profondo che Taubes individua tra queste esperienze del mondo – in una conferenza tenuta nel 1964 – e approdando infine alla figura dell’artista surrealista Leonora Carrington, portatrice di un pensiero che è sperimentato per intero dalla sensibilità. Le sue immagini (letterarie o dipinte) rappresentano una rottura dei limiti dell’io individuale, e rivoltano dall’interno un’immagine femminile stereotipata, che ancora dominava l’immaginario dei surrealisti.
Nel terzo capitolo la morte dell’altro/a per “l’affermazione di vita dell’identico”, manifesta nel sacrificio posto all’origine del potere politico come anche il figlio o la figlia possano, in quanto eredi al trono, rappresentare l’alterità sacrificabile affinché il potere permanga uguale a se stesso. Le protagoniste dei romanzi di Christa Wolf, Cassandra e Medea, svelano il processo di diffamazione e misconoscimento cui sono state sottoposte tali figure femminili del mito. Questo procedimento è emblematico (anche se sempre in modo eufemistico) di quanto subìto dalla figura della donna e dalle donne reali. Per cui il capitolo è intessuto da brevi riferimenti al lavoro di Silvia Federici Calibano e la strega. Le donne , il corpo e l’accumulazione originaria, che ci mostra come il terreno in cui ha attecchito il fenomeno della caccia alle streghe sia stato predisposto anche attraverso la degradazione dell’immagine della donna, con un’opera di diffamazione dei soggetti femminili, volta a privarli di credibilità e costituirli in quanto capri espiatori per una rabbia altrimenti pericolosa e rivoluzionaria. Così il serpente del paradiso figura nell’economia teologica come il grande capro espiatorio, che scagiona il dio Signore della teocrazia dalla presenza del male nel mondo. Le conclusioni guarderanno a tale immagine esplosiva attraverso la lente allegorica di Ernst Bloch – in particolare facendo riferimento al testo Ateismo nel cristianesimo –, chiudendosi infine su altre figure che, per la loro ambiguità, ci sono apparse dialettiche in senso benjaminiano, ossia l’asino e Orfeo.