L'abuso sessuale a danno di minori è un fenomeno che sta acquisendo
sempre maggiore visibilità: questo dato è in parte giustificabile
dall'accresciuta sensibilità manifestata dall'opinione pubblica nei
confronti del maltrattamento infantile che lo ha reso un vero e
proprio ¿problema sociale¿. Particolarmente allarmante sembra essere
la maggior diffusione dell'abuso intra-specifico, in cui l'abusante
è molto vicino alla vittima e, in alcuni casi, fa parte dello
stesso nucleo familiare.
Premesso, dunque, che l'abuso sessuale nei confronti dei minori è un
fenomeno odioso e che giustamente la reazione sociale di fronte a
fatti come questi è molto forte, negli ultimi anni il sistema penale
sembra conferire a questo reato, forse proprio a causa della
repulsione e dell'allarme che suscita, una sorta di presunzione di
veridicità che va ad ostacolare la ricerca della verità. Ciò che
vorrei rilevare con questo mio lavoro è la necessità, e la
responsabilità, soprattutto a carico dei professionisti che si
occupano della materia, a non incorrere nei cosiddetti falsi
positivi, cioè a non valutare a priori come reale ogni caso di
presunto abuso che si presenti alla loro attenzione.
In questo clima si sente sempre più l'esigenza di poter usufruire di
linee guida per la diagnosi peritale che siano in grado di mettere
ordine nella confusione, tuttora esistente, circa metodi, criteri e
finalità da seguire per una corretta valutazione dell'abuso sessuale
e per svolgere in modo metodologicamente corretto un'intervista
investigativa.
Consultando sia pubblicazioni scientifiche che resoconti
giornalistici emergono differenti atteggiamenti quanto alla ricerca
della ¿verità¿ o ¿falsità¿ dell'abuso. I bambini coinvolti sono
genericamente considerati buoni testimoni, ma anche molto fragili, e
dunque soggetti ad influenze esterne: si sente dunque la necessità
di definire protocolli, con funzioni di individuazione di compiti,
impegni e procedure condivise, che contemperino il pericolo dei
falsi negativi, ovvero che degli abusanti non siano considerati
tali, e quello dei falsi positivi, per cui dei non abusanti
risultino invece colpevoli. Per ovviare a tali errori sono state
elaborate numerose linee guida con lo scopo di definire standard,
raccomandazioni e procedure condivise e scientificamente fondate di
protezione e tutela del bambino maltrattato, che spesso hanno
diverse prospettive e modalità.
I diversi protocolli sono stati prodotti sia da gruppi di studiosi
(es. Carta di Noto, Protocollo di Venezia), sia da operatori del
campo, quali centri di tutela del bambino (es. protocolli CISMAI,
SINPIA), sia quali linee guida consigliate da differenti regioni
italiane (es. Veneto, Lazio, ecc..).
In questo lavoro mi occuperò di spiegare le difficoltà derivate
dalla mancanza di protocolli di intervento per gli operatori, che
sarebbero utili al fine di evitare interventi inefficaci o
inopportuni, sottolineando dunque la necessità dell'utilizzo dei
suddetti protocolli; elencherò in seguito le principali Linee Guida
esistenti in tema di abuso sui minori e la loro successione storica,
con l'obiettivo di confrontarle e coglierne fondamenti e
prospettive, distinguendo le Linee Guida a livello Nazionale dai
protocolli redatti ed utilizzati dalle singole regioni italiane.