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L’endotelio è il monostrato cellulare che riveste le pareti dei vasi sanguigni, dei vasi linfatici e del cuore. L’endotelio rappresenta una barriera selettivamente permeabile al passaggio di soluti tra i compartimenti extravascolare e intravascolare, per i quali costituisce un’ampia area di scambio; è in grado di integrare segnali provenienti dal sangue e dai tessuti circostanti per la regolazione di numerosi meccanismi, quali il tono e la permeabilità vascolari, l’adesione cellulare, l’infiammazione, la proliferazione della muscolatura liscia, la coagulazione. Le cellule endoteliali producono e rilasciano numerosi fattori vasoattivi, come il monossido di azoto (NO), la prostaciclina (PGI2), l’idrogeno solforato (H2S) e l’endotelina (ET). Questi fattori, se rilasciati in concentrazioni appropriate e bilanciate, mantengono il tono vascolare e la fluidità del sangue in condizioni fisiologiche. Prendendo in considerazione l’H2S, nell’endotelio esso è sintetizzato attraverso le vie enzimatiche CBS/CSE e CAT/3-MST che utilizzano come substrato la cisteina. L’H2S determina il rilassamento del muscolo liscio vascolare attraverso l’attivazione dei canali del K+ ATP-dipendenti. Inoltre, è coinvolto nella proliferazione, migrazione e angiogenesi endoteliale. L’effetto protettivo dell’H2S nell’endotelio è svolto attraverso una modifica post-traduzionale, la S-sulfidrilazione (o persolfidazione). La sulfidrilazione converte i residui reattivi di cisteina (-SH) in gruppi perisolfuro (-SSH), determinando una modifica della struttura e dell’attività di numerose proteine target. Recentemente è stato identificato e studiato l’S-sulfidromo, ovvero l’insieme delle proteine sulfidrilate dall’H2S nelle cellule endoteliali. Tra queste proteine, sono state evidenziate le integrine, in particolare la beta3 integrina, che rappresenta l’elemento chiave della meccanotrasduzione endoteliale. Per studiare il meccanismo alla base dell’effetto protettivo dell’H2S nelle cellule endoteliali, Bibli & al. hanno condotto una serie di esperimenti (in vitro, in vivo e su pazienti umani con disfunzione endoteliale), rivolti in particolare al ruolo dell’integrina beta3 sulfidrilata. Lo studio ha evidenziato che i ponti disolfuro, presenti tra i residui di cisteine, sono fondamentali per il ripiegamento e la stabilizzazione della proteina. È stato dimostrato che quando sono presenti bassi livelli dell’enzima CSE, e quindi di H2S, l’integrina beta3 è in una conformazione chiusa e inattiva. Invece, la presenza di alti livelli di H2S, favorisce, tramite la sulfidrilazione, la conformazione aperta ed estesa, indispensabile per il legame con la matrice extracellulare e il mantenimento della funzione fisiologica dell’endotelio. Per questo motivo, gli esperimenti in cui è stato utilizzato un donatore di H2S, SG1002 in topi e in colture cellulari e MSM in soggetti umani, suggeriscono un potenziale approccio farmacologico con donatori di H2S esogeno in grado di risulfidrilare le proteine dell’endotelio per ripristinare la sua funzione.
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