ITA
Lo studio affronta il tema della crisi finanziaria globale iniziata nel 2007-2008, circoscrivendo l'analisi alla situazione italiana. Si propone di andare alle radici della crisi attraverso l'individuazione delle principali tappe che hanno portato l'Italia dall'essere al quarto posto tra i paesi avanzati del mondo nel 1991 alla situazione di stagnazione attuale, evidenzia i settori in cui il paese ha perso produttività e indaga le motivazioni dell'avversione al cambiamento, individuandole nel substrato sociale, culturale, finanziario e imprenditoriale di un mondo legato al passato. Conseguenze di questo immobilismo sono la perdita di competitività e l'incapacità di risposta alle mutate condizioni macroeconomiche. L'individuazione delle differenze tra la crisi del 2011, dovuta soprattutto a fattori interni di stagnazione del PIL, e quella del 2012, dovuta invece al contagio di fattori internazionali e alla debolezza dell'eurozona, ha guidato la riflessione sulla situazione particolare dell'Italia e dei paesi dell'UE, che hanno un'unione monetaria ma non bancaria e fiscale. Così le misure di rigore e austerità adottate dall'Italia, se da un lato sono state utili per fermare il declino, dall'altro hanno portato un ulteriore freno alla crescita e ai consumi, in quanto non bilanciate da politiche anticicliche dell'UE, a tal punto che, nella primavera del 2012 l'Italia è entrata tecnicamente in recessione. Si sono quindi esaminate le politiche per il rilancio, in primis quelle che dovrebbe mettere in atto l'Europa che, rafforzandosi adeguatamente sulla base della lezione americana, potrebbe avere un ruolo chiave per rilanciare la crescita e poi quelle che l'Italia deve attuare al suo interno. Esse sono state individuate mediando la discussione tra le indicazioni dei classici dell'economia e quelle dell'UE contestuali alla chiusura della procedura d'infrazione per debito eccessivo. Si è inoltre sottolineato come la crescita non possa prescindere dall'equità, costruendo sviluppo, benessere e una più giusta distribuzione delle risorse, aprendo così la discussione a nuove sfide. Si sono quindi presi in considerazione i punti di vista di vari noti economisti per valutare le prospettive più o meno ottimistiche per l'Italia sia per quanto riguarda i tempi sia per la qualità e la attuabilità degli interventi.
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