La Convenzione di Vienna sulla compravendita internazionale di beni mobili è un modello di spicco per la vendita transnazionale. La pochezza del contenzioso, però, ostacola il fondamentale processo di armonizzazione “dal basso” degli ordinamenti, dell’avvicinamento cioè del diritto interno ai diversi stati con la finalità di unificare e semplificare il commercio internazionale. Ciò è dovuto innanzitutto al largo ricorso alla clausola di opt-out prevista dall’art. 6, favorito da una controversa interpretazione dei giudici che tende a desumere l’esclusione della CISG anche da condotte concludenti delle parti.
Non solo la Convenzione viene messa in secondo piano dai giudici stessi, ma anche le parti, alla luce della loro autonomia contrattuale, creano “bolle d’aria” tramite la formulazione di condizioni generali di contratto che sono veri e propri codici settoriali completi e sistematici. Di conseguenza, la Convenzione è allora secondaria se guardiamo a una gerarchia delle fonti che mette in primo piano l’auto-legislazione delle parti e la lex mercatoria che ne deriva. Questo approccio alla materia comporta una serie di problemi difficilmente risolvibili e giuridicamente complessi, tra cui il problema dell’incorporazione delle condizioni generali e il conseguente fenomeno della “battle of forms”.
La CISG, invero, se applicata, tutela le piccole-medie imprese danneggiate dalle grandi multinazionali che con il sistema dell’auto-legislazione “dettano” le regole del gioco, spesso imponendo delle clausole troppo gravose per la controparte. Emerge quindi l’importanza della ricezione transnazionale della giurisprudenza straniera come strumento di unità, lotta al forum shopping e contrasto al fenomeno dell’homeward-trend. È di fondamentale importanza, per garantire un processo di armonizzazione efficace, che gli Stati parte della Convenzione affermino in modo chiaro ed univoco un principio di stare decisis sovranazionale che porti a una graduale indifferenza sull’origine nazionale o meno di un precedente, con il conseguente sviluppo di una CISG-word trend nell’interpretazione del diritto nazionale stesso, quale strumento per avvicinare il diritto interno dei vari stati e semplificare la vendita transnazionale. Come ausilio a un’interpretazione internazionalmente orientata dei giudici nazionali, è senz’altro rilevante la soft law, e in particolare i Principi UNIDROIT che, tramite lo sviluppo di consuetudini commerciali, fanno fronte a un rischio di armonizzazione frammentata. Tali principi sono un importante strumento di interpretazione e integrazione non solo del diritto internazionale privato uniforme, ma anche del diritto nazionale stesso, favorendo l’emergere di interpretazioni uniformi e promuovendo modifiche nei diversi ordinamenti statali.
The United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods (CISG) is a prominent model for transnational sales. However, the limited number of national court decision based on the Convention hinder the fundamental process of harmonization between legal systems, which would facilitate international trade. The reason behind the few cases concerning the CISG is the wide recourse to the opt-out clause provided by art. 6, further fostered by a controversial interpretation of the judges who tend to assume the exclusion from the CISG even by the behavior of the parties.
Not only the Convention is pushed aside by judges, but even the parties, in the light of their contractual freedom, create a sort of “air bubble” by formulating general terms and conditions which are complete proper sectoral codes. Therefore, the Convention appears to play a minor role if we give a look at the hierarchy of sources which put in the foreground the autonomy of the parties and the lex mercatoria. This approach entails some complex juridical issues, such as the incorporation of standard terms and the resulting “battle of form” phenomenon.
The CISG, indeed, if correctly implemented, it is a tool who protect medium-small companies which could be damaged by large multinational who, thanks to the contractual freedom itself, are able to impose the “rules of play”. Therefore, it is clear that a wider application of the Convention, by taking into account solutions adopted on the same point by other countries, it is a tool which ensures equity and fights forum-shopping and homeword trend. To guarantee an efficient harmonization process, it is necessary that contracting States affirm in a clear and consistent way the supranational stare decisis principle, which would lead to a gradual indifference for the case law origin and to the development of a CISG-word trend in interpreting domestic law itself. As an aid to judges’ interpretations, the soft law is relevant, and UNIDROIT Principles in particular could work as a “Restatement” which tackles fragmented harmonization by developing commercial uses. Those Principles are a truly important instrument for both interpretation and integration not only for the CISG, but for the single national law itself, favoring uniformity by promoting amendments along different legal systems.