Introduzione. Sovrappeso e obesità hanno ormai raggiunto proporzioni epidemiche. Le stime attuali suggeriscono che entro il 2025 oltre il 21% della popolazione femminile sarà obesa. Questo spiega l’alta prevalenza di sovrappeso e obesità nelle donne in gravidanza, motivo di preoccupazione per la salute delle generazioni attuali e di quelle future: infatti, lo stato di obesità non condiziona soltanto la salute della donna stessa, ma incrementa il rischio anche nella prole di morbilità perinatale e postnatale, a cui si aggiunge quello di sviluppare conseguenze a lungo termine, creando così un circolo vizioso transgenerazionale. Lo studio dei biomarcatori placentari è estremamente interessante, in quanto alcuni di essi sono associati ad una serie di condizioni patologiche in gravidanza, ivi compresa l’obesità materna, e possono contribuire al rischio materno e neonatale. L’analisi della placenta dopo il parto assume quindi importanza per definire i tipi di alterazioni che possono essere associate ad esiti clinici avversi. Obiettivi. Valutare le modificazioni placentari sui versanti endoteliale e infiammatorio in pazienti sovrappeso/obese vs pazienti normopeso, confrontare gli esiti perinatali e neonatali a breve termine fra i due gruppi e analizzare eventuali interazioni tra le modificazioni epigenetiche e gli esiti neonatali. Materiali e metodi. Per la presente tesi sono state reclutate 35 donne gravide normopeso (BMI tra 18.5 e 24.6 kg/m2), 27 donne gravide sovrappeso o obese (BMI ≥ 25 kg/m2) ed i relativi neonati. Per ciascuna paziente, sulle placente sono state effettuate biopsie randomizzate dal piatto basale placentare e sono stati valutati mediante Real Time PCR modulatori dell'immunoregolazione (INF-γ, OPN, IDO1) e modulatori dell'angiogenesi (VEGF, PIGF, Sflt-1). Sono stati inoltre studiati gli outcome ostetrici e neonatali, confrontati infine con l’espressione dei biomarcatori placentari. Risultati. Gli outcome ostetrici non hanno mostrato differenze significative fra i due gruppi. Relativamente ai dati neonatali, non sono state riscontrate differenze significative in termini di età gestazionale, peso neonatale, lunghezza e circonferenza cranica, frequenza di LGA. Allo stesso modo, non sono state rilevate differenze significative negli outcome neonatali a breve termine, eccezion fatta per lievi difficoltà di alimentazione al seno. È stata invece dimostrata una disregolazione dei marcatori placentari nel gruppo di gravide sovrappeso/obese rispetto ai controlli normopeso. Tali alterazioni, probabilmente di origine epigenetica, potrebbero condizionare la salute del bambino a lungo termine nonostante una condizione neonatale “fisiologica”. Conclusioni. Nel loro insieme, i nostri dati relativi al decorso della gravidanza, al travaglio, al parto e al decorso neonatale sono giustificabili dal fatto che si tratta di un gruppo di pazienti selezionate fin dall’inizio, senza comorbidità iniziale. Inoltre, gli outcome riflettono la gestione ottimale sia ostetrica che neonatologica. Sarebbe quindi opportuno analizzare in futuro questi marcatori anche nel bambino, monitorando così la possibile associazione con eventuali problematiche di salute durante lo sviluppo. Inoltre, le anomalie di origine epigenetica hanno per loro natura una caratteristica di potenziale reversibilità e sono sensibili agli stili di vita e alla nutrizione, cardini su cui puntare gli interventi di salute in età pediatrica.
Background. Overweight and obesity can be considered an epidemic, with more than 21% of the female population estimated to be obese by 2025. That explains the high prevalence of overweight and obesity in pregnant women, matter of concern for the health of current and future generations: in fact, the state of obesity not only affects the health of the woman herself, but also increases the risk of perinatal and postnatal morbidity in the offspring, to which is added the risk of developing long-term consequences, thus creating a cross-generational vicious circle. The study of placental biomarkers is extremely interesting, as some of them are associated with several pathological conditions in pregnancy, including maternal obesity, and may contribute to maternal and neonatal risk. Analysis of placental tissue after delivery may therefore play a role in defining these possible alterations that may be associated with adverse clinical outcomes. Aims. Evaluate placental tissue in both normal-weight and overweight/obese patients, assessing endothelial and inflammatory differences; compare short-term perinatal and neonatal outcomes between normal-weight and overweight/obese groups; Assess for correlations between these possibly epigenetic modifications and clinical outcomes. Materials and methods. Normal-weight was defined as a BMI 18.5 - 24.6 kg/m2, while overweight and obese was defined as a BMI ≥ 25 kg/m2. 35 normal-weight patients, 27 overweight/obese patients and their neonates were recruited. None of the recruited patients had additional comorbidity. For each patient, random biopsies were taken from the placental basal plate. Immunoregulatory modulators (INF-γ, OPN, IDO1) and angiogenesis modulators (VEGF, PIGF, Sflt-1) were evaluated using Real Time PCR. Obstetric and neonatal outcomes were also studied, and lastly compared with the expression of placental biomarkers. Results. Obstetric outcomes showed no significant differences between the two groups. Regarding the neonatal data, no significant differences were found in terms of gestational age, neonatal weight, head length and circumference, LGA frequency. Likewise, there were no significant differences in short-term neonatal outcomes, except for mild breastfeeding difficulties. On the other hand, a dysregulation of placental markers was demonstrated in the overweight/obese pregnant group compared to normal weight controls. These alterations, probably of epigenetic origin, could affect the baby's health in the long term despite a “physiological” neonatal condition. Conclusions. Taken together, our data relating to the course of pregnancy, labor, delivery, and neonatal course are justifiable by the fact that we are dealing with a group of patients selected from the beginning, with no initial comorbidity. Furthermore, the outcomes reflect optimal obstetric and neonatal management. Therefore, these markers should also be analyzed in the future in the child, thus monitoring the possible association with any health problems during development. Furthermore, the anomalies of epigenetic origin have by their nature a characteristic of potential reversibility and are susceptible to lifestyles changes and diet modifications, cornerstones on which to focus health interventions in children.