Lo stupro costituisce una mala pianta difficile da estirpare, un fenomeno tragicamente e trasversalmente presente nel corso del tempo e delle culture.
Al giorno d'oggi, la società inorridisce davanti alle notizie di stupro e decisamente maggiore è la consapevolezza del suo impatto sulla salute psicofisica della vittima, che infatti può presentare non solo ansia, shock e senso di colpa, ma soprattutto, a lungo termine, può incorrere nello sviluppo del disturbo depressivo maggiore o del disturbo post-traumatico da stress.
Tuttavia, oltre alla sofferenza direttamente scaturita dalla violenza subita, il rischio di una ulteriore vittimizzazione, quindi di una ulteriore ferita in seguito a risposte inadeguate dai sistemi socio-assistenziali e giuridici, nota come vittimizzazione secondaria, è particolarmente elevato. Miti dello stupro e credenze in un mondo giusto si traducono in una svalutazione dello stupro, in una sua giustificazione e soprattutto nella colpevolizzazione della vittima. Infatti, in virtù di stereotipi e credenze radicate nel sistema culturale, sulla base di sue specifiche caratteristiche, quali l'abbigliamento, l'eventuale assunzione di alcol, il grado di resistenza durante la violenza e la precedente relazione con l'aggressione, la vittima non è mai considerata del tutto innocente.
Emblematico, nonostante ormai lontano nel tempo, il processo per stupro mostrato nell'omonimo documentario del 1979, in cui la vittima di uno stupro di un gruppo, è stata costretta a vedersi dipingere come una prostituta sia dagli imputati, dalle loro madri, ma soprattutto dai loro avvocati difensori.
Oggi, nonostante i netti passi avanti realizzatisi nel sistema della giustizia per la tutela della persona offesa dal reato, l'idea che la donna abbia provato quell'uomo che ha abusato di lei risulta ancora presente. Eppure, basta ascoltare i discorsi al bar o quelli nei salotti televisivi, basta leggere i commenti quotidianamente pubblicati sul web, i titoli delle prime pagine dei giornali, per rendersi conto che in realtà, non si è poi giunti così lontani. Quotidianamente, della vittima di uno stupro tanto si parla, tanto si dice, tanto si racconta, ma mai nel modo giusto: si cerca nella sua vita, nella sua storia, sul suo corpo, quell'elemento utile per giustificare la violenza subita e che, invece, in quanto tale, dovrebbe bastare per offrirle sostegno, protezione e cura, affinché lo stupro non si traduca in una vera e propria condanna.
Rape is a difficult plant to eradicate, a phenomenon tragically and transversely present over time and culture.
Nowadays, society is horrified by reports of rape and the awareness of its impact on the victim's psycho-physical health is decidedly greater. In fact, focusing on primary victimization, in addition to the short-term consequences such as generalized anxiety, sleep disorders, eating disorders, guilt and shame, in the long term, the victim of a rape may incur the development of major depressive disorder or of post-traumatic stress disorder. It follows that the task to return to live after this traumatic event is particularly difficult.
However, in addition to the primary victimization, the risk of a further victimization is high, that is a further injury following inadequate responses from the socio-welfare and legal systems, the so-called secondary victimization. Rape myths and beliefs in a just world and translate into a devaluation of rape, in its justification and always in the guilt of the victim. In fact, by virtue of stereotypes and beliefs rooted in the cultural system, based on its specific characteristics, such as clothing, the possible consumption of alcohol, the degree of resistance during the war and the previous relationship with aggression, the victim he is never considered completely innocent.
Emblematic, despite far away in time, in which the victim of a rape has been described as a prostitute, by their mothers, but by their defense lawyers.
Today, despite the successive steps taken in the justice system to protect the personality from life, the idea that the woman has tried that man who abused her is still present. And yet, just listen to the comments posted daily on the web, the headlines of the front pages of the newspapers, to realize that in reality, it is not is then come so far. Every day, of the victim of a rape so much, so much is said, so much is told, but never in the right way: one seeks in his life, in his history, on his body, that useful element to justify violence, instead, because story, it should be enough to offer her support, protection and care, so that the rape does not result in a real conviction.